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Grana padano, un formaggio Millenario

by Giulia Monsellato

Il formaggio Grana non solo è una delle eccellenze italiane, ma fa parte integrante della cultura del nostro Paese.
La sua storia s’incrocia con rivalità le cui radici affondano nei secoli. Secondo alcuni il Grana padano (ma sarebbe più corretto parlare semplicemente di formaggio grana poiché solo dalla Convenzione di Stresa del 1951 Parmigiano-Reggiano e Grana Lodigiano, divenuto poi ‘padano’, hanno assunto denominazioni diverse) nasce nel 1135 nell’Abazia di Chiaravalle (vicina a Milano) per opera dei monaci Benedettini preoccupati di trovare un sistema di conservazione per il latte che nei periodi di maggior disponibilità eccedeva i consumi giornalieri.

Erano anni in cui nelle campagne a quei tempi paludose – attraversate dal Po fame e povertà imperversavano e nulla poteva essere sprecato: la soluzione era trasformare il latte in formaggio, ma con la tecnica conosciuta si producevano solo formaggi freschi che non rispondevano alle necessità di lunga durata.
I Benedettini, cui l’agricoltura non solo italiana deve molto, utilizzando speciali caldaie riuscirono a creare un formaggio duraturo che chiamarono ‘caseus vetus’ cioè formaggio vecchio: i primi caseifici e maestri casari operavano quindi nei conventi.

La popolazione, che di quel formaggio doveva vivere, aveva però scarsa dimestichezza con il latino per cui cominciò a identificarlo con una caratteristica legata alla tipologia della pasta: compatta ma punteggiata dai granelli lasciati dal latte. Nasce così il nome di ‘formaggio di grana’ poi semplificato in ‘formaggio grana’.

 

Il formaggio era definito con il nome delle zone di produzione: lodigiano o lodesano, (forse il più antico), milanese, parmigiano, piacentino e mantovano. Anche qualche chilometro più a sud – sulle colline di Reggio nella contea di Matilde di Canossa – la creazione del formaggio grana è rivendicata ed è anticipata di qualche decennio, ai tempi della Contessa: alcuni sostengono, infatti, che l’antenato del Parmigiano Reggiano sia il Formadio prodotto nelle valli dell’Enza e del Secchia.

Qualunque sia l’origine, la sua fama ben presto arrivò ai nobili e alle corti: esiste una simpatica testimonianza di Isabella d’Este che nel 1504 regalava al padre e al fratello, signori di Ferrara, mezza pezza di formaggio a testa e – come tutte le persone ‘parsimoniose’ – giusti cava la quantità limitata con l’asserzione “il facto loro consiste più in bontà che in quantità”.

Il successo presso l’alta società rese tale formaggio raro come ricordato da una memoria del fattore dei Gonzaga il quale nel 1525 non riusciva a trovarne otto pezze di tre anni da inviare al re di Spagna.
Il Grana padano dop è attualmente il formaggio dop più consumato al mondo: 147 caseifici producono oltre 4.600.000 forme (pari a circa 1.760.000 quintali) di cui più di 1.350.000 (il 28,6%) sono esportate.
Si ottiene solamente da latte crudo, parzialmente screma- to e munto non più di due volte al giorno da bovine alimentate secondo precise norme dietetiche, unicamente della zona di produzione del formaggio. Il latte è lavorato in caldaie di rame a forma di campana rovesciata. Da ogni caldaia si ricavano due forme. Al termine del processo s’inseriscono i marchi: il rombo con le parole Grana e Padano e il quadrifoglio con indicato il numero di matricola del caseificio, la sigla della provincia e il mese e l’anno di produzione.

Dopo la salatura (immersione per un periodo di 14 – 30 giorni in acqua e sale) e l’asciugatura – nel locale di stufatura – inizia la stagionatura (in ambienti a temperatura, umidità e areazione controllate) da un minimo di 9 a oltre 24 mesi. In questo periodo le forme sono pulite e girate ogni 15 giorni. Dopo il nono mese ogni singola forma è esaminata con i tradizionali strumenti: martelletto, ago e sonda. Superati gli esami, la forma è marchiata a fuoco. Il marchio deve apparire obbligatoriamente anche su ogni confezione porzionata o confezionata.
Per avere un’idea degli elementi nutrizionali del Grana padano basti pensare che 1 chilo di formaggio si ottiene da 15 litri di latte. Essendo privo di lattosio (presente invece nel latte), può essere inserito nella dieta anche di chi è intollerante a questo zucchero. 25 gr di Grana padano (pari a 98 kcal) forniscono 27,2mg di colesterolo (in una dieta di 1.600 kcal ne sono ammessi 201 mg) e 100 g di formaggio ne contengono 33 di proteine. Per la sua digeribilità un cucchiaino di grana grattugiato può essere utilizzato al posto del sale nelle pappe dei bambini durante lo svezzamento.
Il grana è ricco anche di minerali: fosforo, zinco, rame e soprattutto calcio presente in notevole quantità (1165 mg in 100 g). Le vitamine A e B completano questo gioiello. Il grana padano entra pienamente sia nella tradizione delle cucine regionali italiane sia nelle più ardite elaborazioni di quella internazionale e 50 g rappresentano un ottimo secondo (corrisponde a 2 uova o a una fetta di carne):196 Kcal con una quantità di nutrienti difficilmente riscontrabili in altri alimenti a parità di calorie.

E chi lo mangia grattugiato come si regola? Ricordando che un normale cucchiaio da cucina corrisponde a 10 g di formaggio. Il Grana padano offre tre tipologie in base alla stagionatura: da 9 a 16 mesi ha una pasta bianca, leggermente paglierina ed è normalmente utilizza- to come secondo abbinandolo con un vino bianco fresco e fruttato.
Da 16 a 20 mesi presenta un color paglierino intenso, la tipica pasta granulosa e le fratture a scaglie. è saporito ma non piccante e si può abbinare a un rosso abbastanza intenso e persistente, leggermente tannico, ma ancora giovane.
Oltre i 20 mesi si entra nel mondo della Riserva, quali ca che viene incisa sulla crosta solo dopo approfonditi esami organolettici. Molto evidenti la grana della pasta e la struttura a scaglie ed è caratterizzato da un sapore fragrante e delicato. Ottimo come formaggio da pasto, avvolge pienamente il palato senza essere aggressivo. Può superare anche i 24 mesi e più invecchia più diviene rotondo. Si abbina a un vino rosso morbi- do e moderatamente tannico, di buona gradazione alcolica e persistente. A ne pasto può essere accompagnato da un calice di vino passito.
è una chicca della tradizione gastronomica italiana e come tale va difesa dai falsi come qualsiasi capolavoro del nostro patrimonio artistico.

 

Articolo di Sebastian Torre

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