Restaurant

Penelope a casa

Armoniosamente tradizione e innovazione
23 Aprile 2024

by Filippo Teramo e Sonia Venturelli

La storia di “Penelope a Casa” ci ha incuriosito per l’eco che risuona nella città meneghina come un omaggio appassionato alle radici della cucina abruzzese, trasportata con amore e maestria nella vivace scena culinaria di Milano. Questo ristorante non solo offre ai suoi ospiti l’opportunità di esplorare la ricchezza gastronomica dell’Abruzzo attraverso i suoi piatti, ma lo fa con un approccio che bilancia armoniosamente tradizione e innovazione, creando un’esperienza unica per i palati più esigenti.

L’origine dell’avventura culinaria parte da Sambuceto, frazione del comune di San Giovanni Teatino in provincia di Chieti, e pone le basi per quello che è più di un semplice ristorante. Un viaggio attraverso sapori autentici, ricette trasmesse di generazione in generazione e l’uso di tecniche e ingredienti che raccontano la storia di un territorio ricco e generoso. Il tocco contemporaneo della cucina non è solo un dettaglio estetico, ma si riflette nella scelta di interpretare i piatti classici in chiave moderna, senza però snaturarne l’origine e il significato. Il twist scenografico, scelto con eleganza e raffinatezza, dall’arredamento alla presentazione dei piatti, contribuisce a creare un’atmosfera dove ogni dettaglio è pensato per esaltare la storia e la cultura culinaria abruzzese.

Il passaggio da Sambuceto a Milano è simbolico di una volontà di condividere questa eredità con un pubblico più ampio, mantenendo intatta l’essenza dei piatti che hanno fatto innamorare della cucina abruzzese. Francesca Caldarelli e Tonio Liuzzi si sentono “cittadini del mondo” e la scelta di replicare una casa per il buon cibo potrebbe cadere su di una qualsiasi città del mondo, scelgono però Milano. «C’era un po' di timore, ma Milano è città che accoglie, che premia le cose fatte bene. L’ottimo lavoro in cucina in terra abruzzese di Andrea ci ha rasserenato. Stavamo facendo la scelta giusta. Ci piaceva l’idea di mantenere il nostro stile e tradurlo in piatti dove il buono è sinonimo di autenticità. Con Andrea ci siamo riusciti». Sorride sornione Andrea Mattiucci nel mentre ascolta Francesca. Stesse origini, l’Abruzzo, stessa voglia di proporre buone ricette.

Ci immergiamo subito tra i sapori di questa cucina. L’entrée che ci viene proposta è un piatto tipico delle massaie abruzzesi, le “Pallotte cacio e ova”, tradizione, profumi e sapori autentici d’Abruzzo. Gesti che si ripetono in ogni famiglia di quella regione: polpette di pane raffermo, cacio del tipo “Rigatino”, parmigiano reggiano e pecorino abruzzese, tutto sapientemente amalgamato. Andrea ripete i gesti della nonna, perpetua la pazienza della mamma.

Tanta passione per coccolare tra le mani l’impasto fino a divenire pallotta. La polpetta è pronta per essere tuffata nell’olio, quello buono. Una frittura come tradizione vuole, non troppo unta però. Intanto che il rito delle pallotte volge alle fine, una salsa di pomodoro è sul fuoco che sobbolle in una lunga cottura, quattro anche cinque sono le ore. Sarà il “letto” su cui adagiare le pallotte fritte. Un gel di basilico fresco e una cialda di grana servirà per guarnire questo tripudio di sapori. Vera goduria.

Proseguiamo con il piatto proposto dallo Chef, una “Cacio e pepe con tartare di gambero rosso di Mazara”. Andrea esegue la classica ricetta dell’iconico piatto romanesco, azzarda però una guarnizione di un ottimo gambero rosso di Mazzara, come anche la non tostatura del pepe nero. I puristi della cucina trasteverina potrebbero “storcere il naso”. Accettiamo il gioco di chef Andrea, amalgamiamo le tartare, ogni commensale può decidere il grado di “cottura” del gambero, pescato nelle acque profonde tra la Sicilia e la Tunisia, che qui è condito con l’olio della casa il “Penelope”, sale e una spruzzata di lime. Abbiamo gradito la sfida pur iniziando scettici, e finito il piatto gustandolo assai. Azzardo riuscito.


Scrutando il menù, chiediamo la nostra voglia, la “Parmigiana di melanzane”, proposta con della ricotta. La curiosità è tanta. Vogliamo capire l’alchimia di questo sposalizio. Chef Mattiucci ci spiega la sua frittura delle melanzane nel rispetto della tradizione «come la faceva anche mamma». La salsa di pomodoro è pronta, anche qui prevede una lunga cottura, per diventare un tutt’uno con le melanzane, fritte due volte, il basilico, il parmigiano e la mozzarella fior di latte strappata a mano. Una golosità a cinque strati va in forno e uscirà non prima che sul primo strato si sia formata una crosta croccante, quasi bruciacchiata. E la ricotta? Serve ancora un passaggio. La ricotta vaccina montata con sale e pepe viene cotta a piccoli pezzi fino a formare una “cialda” e adagiata sullo strato croccante ben caldo. Ed ecco che lo sposalizio può celebrarsi in una gustosa fonduta di sapori, tutti ben distinti ed equilibrati. Felice alchimia!

Il nostro percorso al “Penelope a casa” continua «con l’assaggio che vi farà sentire a casa» promette chef Andrea «perché per gustare questo piatto non bisogna aspettare la Pasqua». Ricetta e marinatura sono tramandati nel tempo. L’agnello cotto, prima a bassa temperatura, passa poi in padella con burro chiarificato ed erbette selezionate. Succhi e profumi della marinatura vengono così “ingabbiati” prima dell’impiattamento. Accompagnato con carciofi precedentemente ammollati in acqua e lime per poi essere farciti con olio, aglio e prezzemolo tritati prima di andare in oliocottura. I ricordi di casa, ben eseguiti, ci teletrasportano in terra d’Abruzzo.

Al “Penelope a casa”, chef Andrea Mattiucci propone una cucina che diventa un punto d’incontro tra passato e presente, dove la nostalgia dei sapori genuini incontra l’innovazione e la creatività. Un luogo dove «gli amanti della buona cucina possono scoprire o riscoprire la cucina abruzzese, attraverso un menù che celebra la diversità e la ricchezza di questa terra, dal mare alla Montagna». Qui i gusti di ogni piatto suscitano ricordi che diventano emozioni. Lo consigliamo!

a cura di Filippo Teramo e Sonia Venturelli

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